

La crescente attenzione delle istituzioni europee alla disciplina dei marchi di impresa, alla luce degli importanti risvolti economici che questi hanno sulle economie nazionali ed internazionali, comporta, come conseguenza diretta ed immediata, una necessaria armonizzazione delle legislazioni degli stati membri a quella comunitaria.
Con la legge di delegazione 2017 pubblicata il 6 di novembre nella Gazzetta Ufficiale, il Governo è stato delegato ad adottare i decreti legislativi per l’attuazione di diverse direttive europee. Tra questi adeguamenti, risulta particolarmente interessante l’attuazione della direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, nonché il necessario adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2015/2424, del Parlamento europeo, che modifica il regolamento sul marchio comunitario (Regolamento CE n. 207/2009, che è stato pubblicato con le modifiche aggiornate come Regolamento UE n. 1001/2017).
Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione, il Governo è tenuto ad adeguare le disposizioni del Codice della proprietà industriale – decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 – alle nuove norme dell’Unione Europea; nello specifico, gli interventi sono tesi a consentire ai titolari dei marchi d’impresa nazionali di beneficiare di principi e prassi condivise tra i vari uffici presenti negli Stati dell’Unione Europea.
L’introduzione del brevetto unico europeo e protezione rafforzata per i marchi che godono della reputazione in uno Stato membro sono tra le principali novità previste da due decreti adottati dal Consiglio dei Ministri per allineare l’ordinamento interno alla normativa europea in materia di marchi d’impresa e brevetti.
Due decreti legislativi approvati dal Consiglio dei Ministri danno attuazione alla direttiva UE in materia di marchi d’impresa e modificano alcuni articoli del Codice della proprietà industriale relativi alla protezione brevettuale.
La legge di delegazione europea pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 6 novembre 2017 (L. 163/2017) conferisce al Governo una delega al fine adottare i decreti legislativi necessari per il recepimento in Italia di alcune direttive europee. Tra le altre novità, risultano particolarmente interessanti e degne di nota quelle relative alla protezione dei diritti di proprietà industriale (e in modo particolare dei marchi), che daranno luogo ad un necessario adeguamento delle disposizioni attualmente contenute nel Codice della Proprietà Industriale, il D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30.
Infatti, come previsto espressamente dall’art. 3, comma 1 della Legge di delegazione europea, entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore, il Governo dovrà adottare gli opportuni provvedimenti modificativi della normativa già esistente, e contenuta nel Codice della Proprietà Industriale, al fine di dare attuazione, anzitutto, alla direttiva UE 2436/2015 che detta disposizioni relative al “ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa”.
I provvedimenti normativi da adottare dovranno, inoltre, adeguare la normativa italiana anche alle disposizioni sancite dal regolamento UE 2424/2015, il quale ha introdotto importanti novità riguardo la disciplina del marchio europeo.
Più nello specifico, tra le novità più significative in materia di marchi d’impresa vi è anzitutto quella riguardante l’introduzione di una nuova procedura di tipo amministrativo per ottenere, direttamente da parte dell’ufficio competente dell’U.I.B.M. (l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi), la dichiarazione di nullità o di decadenza di un marchio registrato. In queste ipotesi, dunque, non sarà più necessario ricorrere al giudice ordinario, come già avviene del resto in ambito europeo per i marchi dell’UE. Questo è quanto stabilisce l’art. 3, comma 1, lett. g) della legge, che recita: “fatto salvo il diritto delle parti al ricorso dinanzi agli organi giurisdizionali, prevedere una procedura amministrativa efficiente e rapida per la decadenza o la dichiarazione di nullità di un marchio d’impresa da espletare dinanzi l’Ufficio italiano brevetti e marchi, soggetta al pagamento dei diritti di deposito delle relative domande, nei termini e con le modalità stabiliti dal decreto previsto dall’articolo 226 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, la cui omissione determini l’irricevibilità delle domande stesse”.
L’introduzione di una nuova procedura di natura amministrativa con cui ottenere una declaratoria di nullità o di decadenza di un marchio registrato, senza quindi dover ricorrere obbligatoriamente al giudice (come già avviene nella sostanza in ambito comunitario a livello di marchi dell’Unione Europea), chi ne avrà interesse, una volta regolamentata la procedura, potrà pertanto agire in via amministrativa davanti agli uffici dell’UIBM.
Una seconda importante novità prevista dalla direttiva UE 2436/2015, che dovrà essere introdotta nell’ordinamento giuridico nazionale, riguarda quelli che sono noti come “marchi non convenzionali”.
Infatti, come già avviene per il marchio europeo, nella procedura di registrazione dei marchi nazionali dovrà in futuro essere eliminato l’obbligo di rappresentazione grafica del marchio stesso. Tale novità permetterà, in particolare, di registrare in modo più semplice i suoni, i profumi, i colori, gli ologrammi, i pattern, e via dicendo, come marchi.
Questo è quanto previsto, espressamente, dall’art. 13 della direttiva 2436/2015, che così recita: “Il segno dovrebbe poter essere rappresentato in qualsiasi forma idonea utilizzando la tecnologia generalmente disponibile, e quindi non necessariamente mediante strumenti grafici, purché la rappresentazione offra sufficienti garanzie in tal senso”.
Di conseguenza, chiunque vorrà registrare un marchio nazionale potrà rappresentarlo, al momento della presentazione della domanda, in qualsiasi forma idonea, utilizzando la tecnologia generalmente disponibile e a condizione che tale rappresentazione sia chiara, precisa, autonoma, facilmente accessibile, intellegibile, durevole e obiettiva. Tra i formati ammessi ci saranno, quindi, ad esempio file mp3, mp4 e jpeg.
Il superamento del requisito della rappresentazione grafica del segno, il quale ha aperto così la strada ai marchi c.d. “non convenzionali” quali, ad esempio, il marchio olfattivo, il marchio di rumore e il marchio di movimento. Testualmente, il nuovo art. 4 del Regolamento (CE) n. 207/2009 dispone adesso che: “Possono costituire machi UE tutti i segni, come le parole, compresi i nomi di persone o i disegni, le lettere, le cifre, i colori, la forma dei prodotti o del loro imballaggio e i suoni, a condizione che tali segni siano adatti a: a) distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese; b) essere rappresentati nel registro dei marchi dell’Unione europea (“registro”) in modo da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare in modo chiaro e preciso l’oggetto della protezione garantita al loro titolare”.
Se ne ricava, dunque, anche la possibilità di registrare colori e suoni, purché essi rispondano alle condizioni sopra elencate. Con riguardo ai marchi non convenzionali, inoltre, la portata della nuova disposizione può cogliersi in maggior misura ove si consideri che la giurisprudenza comunitaria finora si era mostrata alquanto cauta ad una simile apertura. In precedenza, infatti, i giudici di Lussemburgo, nella nota sentenza “Sieckmann” del 12 dicembre 2002, avevano affermato che può costituire un marchio d’impresa il segno che, pur non essendo di per sé atto ad essere percepito visivamente, possa comunque formare oggetto di una rappresentazione grafica, in particolare mediante figure, linee o caratteri, che sia chiara, precisa, di per sé completa, facilmente accessibile, intellegibile, durevole ed oggettiva. Con il regolamento in commento, invece, si abbandona l’idea secondo la quale il requisito della rappresentazione grafica sia necessario per definire il marchio stesso. In tal senso si garantisce maggiore flessibilità alle imprese sopprimendo il criterio della rappresentazione grafica dalla definizione del marchio UE, potendo quest’ultimo “essere rappresentato in qualsiasi forma idonea utilizzando la tecnologia generalmente disponibile, e quindi non necessariamente mediante strumenti grafici, purché la rappresentazione sia chiara, precisa, autonoma, facilmente accessibile, intellegibile, durevole e obiettiva”.
Infine, tra le modifiche di spicco previste dal Regolamento (nonché dalla Direttiva) appare l’introduzione del nuovo marchio di certificazione UE.
La legge di delegazione prevede all’art. 3, comma 2, lettera f) l’introduzione, nell’ordinamento giuridico nazionale, di una nuova tipologia di marchi, quella del “marchio di garanzia o certificazione”. Una nuova tipologia di marchio che potrà essere registrato da parte di quei soggetti che operano sul mercato come “certificatori” della qualità di prodotti o servizi.
Tale novità è molto importante in quanto si tratta di una categoria di segni finora sconosciuta all’ordinamento giuridico italiano. Essenzialmente, lo scopo del marchio di certificazione consiste nel garantire che un determinato prodotto o servizio sia in possesso di caratteristiche specifiche, precedentemente delineate nel regolamento d’uso del marchio stesso.
L’apposizione di un tale marchio, eventuale ed “accessorio” al marchio principale, sta quindi a significare che le caratteristiche di quel determinato prodotto o servizio sono conformi agli standard predefiniti nel regolamento d’uso, sotto la responsabilità del titolare del marchio di certificazione e indipendentemente dall’identità dell’impresa che ha effettivamente prodotto il bene o fornito il servizio
Appare evidente che l’intento del legislatore europeo, attraverso gli interventi normativi cui la legge di delegazione europea dà attuazione in Italia, va nella direzione di assicurare che i marchi nazionali, registrati dagli uffici competenti dei diversi Stati membri, siano soggetti alle stesse norme sostanziali e godano dello stesso abito di protezione nell’intero territorio europeo.
L’obiettivo finale è, infatti, quello di realizzare un rafforzamento della disciplina dei marchi d’impresa sia sul piano del diritto europeo che nazionale. Ciò è un’evidente dimostrazione della rilevanza che le istituzioni europee riconoscono ai marchi d’impresa come segni distintivi in grado di collegare prodotti e servizi all’impresa di origine e di integrare, in questo modo, un valore aggiunto sul mercato agli occhi del consumatore, con evidenti risvolti positivi per l’economia europea.
In questo senso, è chiara l’intenzione di rendere più agevole ed efficiente la procedura di registrazione dei marchi, in un’ottica di armonizzazione e di maggiore accessibilità delle diverse procedure nazionali, che dovranno osservare le stesse formalità e tempistiche in tutto il territorio dell’UE.
Tale nuova categoria di marchi prevista dalla normativa europea, ovvero quella dei marchi di garanzia o certificazione che andrà ad affiancare i marchi collettivi (ora marchi collettivi UE) già previsti dalla previgente disciplina; si tratta di una categoria di segni che potrà essere registrata da chiunque abbia interesse a certificare prodotti o servizi, sempre che non si tratti di soggetti che li commercializzino direttamente, ma che si limitino esclusivamente ad accertare che il marchio sia apposto solo su prodotti o servizi che rispettino gli standard stabiliti, ad esempio il materiale, la procedura di fabbricazione, qualità, ecc. Lo Stato italiano nella legge di delegazione ha precisato che possono costituire marchi di garanzia e certificazione i segni e le indicazioni che, nel commercio, possano servire a designare anche la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi.
Sebbene entrambe le tipologie di marchio (collettivo da un lato e di certificazione dall’altro) hanno alcuni tratti comuni, quali, tra gli altri, l’accompagnarsi ad un regolamento che ne disciplina l’utilizzo e di essere segni suscettibili da essere utilizzati da più soggetti autorizzati e che soddisfano i requisiti previsti dal predetto regolamento d’uso, la natura dei due segni distintivi è alquanto differente.
I marchi di garanzia o di certificazione UE sono marchi “idonei a distinguere i prodotti o servizi certificati dal titolare del marchio” e ciò in relazione a caratteristiche di detti prodotti o servizi, quali i materiali, i procedimenti di fabbricazione dei prodotti o alla prestazione dei servizi, alla qualità, alla precisione.
I marchi collettivi UE sono marchi “idonei a distinguere i prodotti o servizi dei membri dell’associazione titolare da quelli di altre imprese”, posto che l’associazione di operatori sul mercato titolare del marchio non ha funzioni di certificazione dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio ma di mero organo che “regola” l’utilizzo del marchio collettivo.
Da ciò deriva che se da un lato all’associazione titolare del marchio collettivo UE non è vietato di principio di utilizzare anche direttamente il marchio (e non solo tramite le autorizzazioni concesse ai produttori che adempiono al relativo regolamento d’uso), la funzione di “certificazione” dell’ente certificatore impone che quest’ultimo – per evidenti ragioni di terzietà – debba astenersi da ogni utilizzo del marchio di certificazione.
La diversa natura delle due tipologie di marchi si riflette anche nel rapporto con la disciplina delle denominazioni di origine e indicazioni geografiche (relative tra l’altro ai prodotti nel settore agroalimentare e vitivinicolo), disciplina tenuta in maggiore rilievo nell’ambito del Regolamento rispetto al passato.
Infatti, tradizionalmente i Consorzi e le Associazioni a tutela delle denominazioni d’origine protette e indicazioni geografiche protette (DOP e IGP) hanno cumulato la tutela delle denominazioni allo strumento del marchio collettivo ora marchio collettivo UE.
Il marchio collettivo appare idoneo, in passato come ora, a fornire tale tutela ulteriore, in considerazione del fatto che il marchio collettivo può designare la provenienza geografica dei prodotti o servizi che contraddistingue, in deroga a quanto previsto dall’art. 7.1.c) del Regolamento che vieta la registrazione per difetto di carattere distintivo di quei segni costituiti da una indicazione di provenienza.
Diversamente il Regolamento esclude che il marchio di certificazione possa essere utilizzato per certificare la provenienza geografica del prodotto (o servizio) che contraddistingue.
In altre parole, il marchio di certificazione, diversamente dal marchio collettivo, non potrà cumularsi alla tutela delle DOP e IGP, avendo la funzione di certificare altre caratteristiche, quali i processi di produzione, i materiali e così via.
Dall’altra parte l’introduzione del marchio di certificazione UE costituisce un nuovo strumento a disposizione degli operatori commerciali che, tramite associazioni rappresentative, potranno valorizzare qualità o procedure produttive virtuose” in maniera armonizzata su un ampio territorio attraverso tale tipologia di marchio.