

Diego Armando Maradona durante la sua carriera è stato quasi sempre un atleta Puma, soprattutto con gli scarpini modello King della società tedesca. Ha realizzato quasi tutta la sua carriera indossando quegli scarpini, compresi i gol che condussero la Seleccion a vincere la Coppa del Mondo 1986 o quelli che portarono il Napoli a vincere gli scudetti del 1987 e del 1990. L’utilizzo di un marchio da parte di un campione ha di sicuro un risvolto economico notevole per entrambe le parti coinvolte nell’accordo, ma, in questo caso, è il nulla in confronto al valore del marchio costituito dal nome del campione stesso, riconosciuto come campione di tutti i tempi e che di quel marchio non ha mai goduto.
Per rendere l’idea del valore che può acquisire un marchio, si pensi che, secondo quanto riportato da un articolo del Corriere della Sera del tempo, l’azienda tedesca garantì a Maradona un contratto di sponsorizzazione dell’equivalente di un miliardo di lire all’anno e lui nel quadriennio 1982-1986 intascò circa 4 miliardi di lire. Nel caso specifico, si trattava di una sponsorizzazione personale perché il Boca Juniors, nella stagione 1981-82 vestiva Adidas, la nazionale argentina vestiva Le coq sportif e il Barcellona aveva come sponsor tecnico la catalana Meyba.
Dal 1982 Maradona fu sempre un atleta Puma, benché paradossalmente le squadre in cui ha militato non abbiano mai avuto come sponsor l’azienda tedesca. Quando passò al Siviglia nel 1992, lo sponsor tecnico della squadra andalusa era la società inglese Bukta. Tornato in patria nel 1993, giocò al Newell’s Old Boys quando il club di Rosario aveva come sponsor tecnico la brasiliana Topper e nel Boca nel 1995 vestì il brand argentino Olan e poi Nike. Fu in quel periodo che Maradona tradì per qualche tempo gli scarpini Puma King prima con modelli artigianali ai tempi del Newell’s e poi con scarpe Mizuno una volta tornato alla Bombonera.
Soprattutto fu proprio uno screzio di natura commerciale che contribuì, insieme ad altre motivazioni legate all’età, alla decisione di non prolungare più con il Boca (di lì a poco decise di lasciare il calcio professionistico). Secondo quanto riportato da La Gazzetta dello Sport del tempo, infatti, Dietro al “no” di Maradona al rinnovo con il club di cui era tifoso da bambino non c’era solo il fatto che l’argentino non volesse più allenarsi tutti i giorni. Ma esistevano anche anche motivi di carattere commerciale. Secondo i rumor infatti tra le ragioni che spingevano Maradona a non firmare c’era il fatto che il Boca da qualche mese vestisse Nike, ditta concorrente della Puma che era sponsor di Diego dall’inizio della sua carriera. Maradona sosteneva che i dirigenti del Boca Juniors avrebbero voluto obbligarlo a vestire Nike anche nelle conferenze stampa e nel tempo libero, mentre il calciatore voleva poter usare il marchio Puma. Ma i dirigenti del Boca non vollero cedere perché il contratto con la multinazionale dell’abbigliamento sportivo (che pagava al Boca circa 32 miliardi di lire per un accordo quinquennale) era molto rigido. Maradona comunque fece notare di non voler vestire Nike non solo per motivi commerciali ma anche perché a lui la nuova maglia del Boca non piaceva.
Negli anni a seguire, Maradona nel suo tempo libero ha sempre vestito Puma, che secondo alcune indiscrezioni gli ha garantito un contratto di natura vitalizia. A quanto ammonta il patrimonio di Maradona ed a chi andrà il suo patrimonio sono le domande più frequenti a seguito del decesso del campione argentino. Sono cinque i figli riconosciuti e altri (illegittimi) dichiarano di esserlo. A smorzare le polemiche ci pensa l’Avv. Angelo Pisani, amico napoletano di Maradona che lo ha sostenuto nella sua battaglia con il fisco italiano. La vera eredità, secondo Pisani, è immateriale e consiste nella creazione di un brand che porta il nome del pibe de oro. Matias Morla, avvocato di Diego Armando Maradona, è proprietario da oltre dieci anni di una società che controlla diversi marchi legati al Pibe de Oro. Tra questi ci sono 2El 10”, “Diegol”, “La Mano de Dios”, “Maradona”, “El Diego” e altri 54 brand.
Secondo quanto appreso dal portale Infobae, Morla ha costituito la società Sattvica SA, nel giugno del 2015, della quale era presidente, con sede a Puerto Madero. Il cognato, Maximiliano Pomargo, poi diventato segretario di Diego, era stato invece nominato direttore supplente. La società non avrebbe inoltre co-titolari, e, stando ai documenti, il nome di Diego Armando Maradona non appare da nessuna parte.
«Lo scopo della società è quello di dedicarsi per conto proprio e/o di terzi e/o associati a terzi sia nel Paese che all’estero alle seguenti attività: acquisire, possedere, richiedere, ottenere, acquistare, cedere, trasferire, concedere in licenza franchising, concedere licenze d’uso, registrare e acquisire marchi o in qualsiasi altro modo detenere marchi, nomi commerciali, diritti d’autore, brevetti per invenzione e processi, modelli e design industriali, modelli di utilità, know-how, nomi di dominio su Internet e altri beni immateriali relativi alla proprietà intellettuale e industriale, nonché licenze su di essi», si legge nell’atto costitutivo. Inoltre, un atto dell’Instituto Nacional de la Propiedad Intelectual del 2017 mostra come Maradona abbia ceduto a favore di Sattvica il ruolo di acquirente del marchio “Diego Armando Maradona”. Così Morla e Pomargo sono diventati i titolari dei diritti di uno dei nomi più commerciabili di tutti i tempi.
Con l’inizio del processo di spartizione dell’eredità, pare che gli eredi di Diego stiano valutando la possibilità di intentare una causa contro l’avvocato, al fine di recuperare quei marchi, e cercheranno un modo per negare la validità di quell’atto con cui Diego ha concesso i diritti sui propri brand ed appurare in quale contesto psicologico sia stato firmato quel documento.
Angelo Pisani, avvocato napoletano che ha difeso Maradona negli anni delle sue battaglie legali contro il fisco italiano, ha dichiarato “Attenzione a chi utilizza il nome Maradona o avesse registrato di nascosto i suoi nomi e immagine, in vita sua, i veri approfittatori facevano tutto alle sue spalle senza mai uscire allo scoperto. Io mi schiero con i figli di Diego contro chiunque, la verità verrà a galla e chi ha lo ha isolato si vergogni e si penta” ed ancora “Come da mandato scritto di Diego denuncerò chiunque pensa di speculare sul “brand” Maradona, anche l’avvocato Morla e altri consulenti se non restituiscono brand e diritti Maradona ai figli. Come sarà contestato chiunque vuole sottrarre il dovuto agli eredi e chi parla oggi, quando Maradona non può difendersi. Subito notificherò diffide per la restituzione di tutti i diritti e beni ai legittimi eredi e presenterò un esposto anche alla Procura della Repubblica in Italia, dove c’è il figlio napoletano che merita ogni tutela”.
“Non esiste, ad oggi, una battaglia legale per l’eredità di Maradona: i suoi figli hanno tutti gli stessi diritti. Il suo vero lascito è il brand che può nascere dal suo nome, un brand che se fosse stato valorizzato così come hanno fatto campioni del calibro di Messi e Ronaldo, avrebbe fruttato patrimonio inesauribile e perpetuo, capace di sostenere anche mille eredi”.
Alcuni media argentini sostengono che Diego sia morto povero e il suo patrimonio sperperato. Maradona era un buono, donava a chi era in difficoltà e qualcuno se ne sarebbe approfittato. Poi ci sono i suoi cinque figli che devono mettersi d’accordo sulla sua eredità: “Io credo che gli eredi di Diego, almeno ora, debbano unirsi e puntare proprio sul suo nome, che di fatto è già un brand. Maradona non ha mai sfruttato a pieno la sua immagine, però possono farlo gli eredi, se collaborano…”. Il suo brand è il suo vero lascito, di valore inestimabile.