

Il sistema della proprietà industriale rappresenta un elemento centrale della politica industriale del nostro Paese. La riforma del sistema della proprietà industriale è contenuta all’interno della Missione 1 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Con l’obiettivo di migliorare e valorizzare il sistema della proprietà industriale e quindi dell’economia in generale, si è conclusa il 31 maggio la consultazione pubblica lanciata il 29 aprile scorso, sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico e su quello dell’UIBM, sulla bozza delle “Linee di intervento strategiche sulla proprietà industriale per il triennio 2021-2023”. Nelle prossime settimane tali documenti saranno attentamente valutati al fine di giungere, entro questo mese, all’adozione del documento definitivo sulle “Linee di intervento strategiche sulla proprietà industriale per il triennio 2021-2023”. Uno dei progetti è il sistema della Corte Unificata dei Brevetti (UPC), ossia la Corte comune agli stati aderenti che sarà chiamata ad esercitare in via esclusiva la giurisdizione in materia alle controversie giudiziarie in materia di brevetti europei con o senza effetto unitario. Premesso che il trattato che dovrebbe attivare questa nuova Corte comune agli stati aderenti non è, ad oggi, ancora entrato in vigore, in quanto la controfirma da parte del Presidente della Repubblica tedesca della legge di ratifica del trattato da parte della Germania resta sospesa in attesa dell’esito di una decisione della Corte Costituzionale tedesca, tenendo presente che il Regno Unito, prima che la brexit divenisse una prospettiva concreta, aveva ratificato il trattato e i protocolli annessi, ma poi, a seguito della brexit, ha ritirato formalmente le sue ratifiche. Questo particolare è rilevante in quanto il ritiro della ratifica del Regno Unito potrebbe rappresentare un ostacolo insormontabile per l’entrata in vigore del trattato stesso, anche in caso di “sblocco” della ratifica tedesca. Proprio il Regno Unito era stato designato come sede della sezione della divisione centrale che si sarebbe occupata, tra le altre, di questioni relative ai brevetti chimici, farmaceutici e biotech (quindi questioni brevettuali di grande rilevanza economica). La divisione centrale dell’UPC, come originariamente definita dal trattato, prevedeva la sede a Parigi, con sezioni staccate nel regno Unito (a Londra) ed in Germania (a Monaco di Baviera). Questo significa che la soluzione per ovviare alla brexit (cui è conseguita l’impossibilità del Regno Unito di ospitare sezioni della Corte) che è attualmente praticabile sulla base del trattato nel suo testo vigente, ossia senza modificarne le norme, è che le competenze della sezione staccata di Londra vengano avocate alla sede di Parigi. La Germania ha tuttavia già manifestato la volontà di chiedere che siano spostate a Monaco una parte delle competenze che spettavano a Londra. La Germania intenderebbe in particolare far deliberare la creazione di un “regime provvisorio di competenza” in cui Francia e Germania si spartiscono la competenza per le materie che erano di competenza della sede di Londra, per poi avviare la discussione per l’individuazione di uno stato in cui ricollocare la sede di Londra. L’Italia si era a suo tempo già candidata (indicando Milano) per ospitare la sede che era del Regno Unito, ma l’orientamento del Governo sarebbe quello di appoggiare la proposta tedesca, che, in un primo tempo, taglierebbe fuori Milano, contando poi sull’appoggio tedesco in un secondo momento per la candidatura di Milano. Tale possibilità sarebbe assolutamente remota, basti valutare che l’UPC decide a maggioranza, e dunque sarebbe assai facile, una volta assegnate le competenze a Parigi ed a Monaco, per due paesi influenti come Francia e Germania fare in modo che non si giunga mai ad un consenso sufficiente sul ricollocamento della sezione di Londra, con la conseguenza che il regime transitorio diventerebbe, di fatto, quello definitivo. L’art. 89 del trattato UPCA recita “Il presente accordo entra in vigore il 10 gennaio 2014 o il primo giorno del quarto mese successivo al deposito del tredicesimo strumento di ratifica o di adesione conformemente all’articolo 84, inclusi i tre Stati nei quali il maggior numero di brevetti europei aveva effetto nell’anno precedente a quello in cui ha luogo la firma dell’accordo, o il primo giorno del quarto mese successivo alla data di entrata in vigore delle modifiche del regolamento (UE) n. 1215/2012 relative alle relazioni con il presente accordo, se questa data è posteriore”. I tre stati nei quali il maggior numero di brevetti europei aveva effetto nell’anno precedente a quello della firma dell’accordo erano Germania, Francia e Regno Unito. La ratifica del Regno Unito è dunque condizione necessaria, secondo il testo dell’accordo, per la sua entrata in vigore. Ad oggi, la Francia ha ratificato, mentre la Germania non ancora. Essendo la ratifica del Regno Unito stata ritirata prima che la Germania ratificasse, e non potendo ormai più il Regno Unito ratificare (essendo uscito dall’UE), il trattato, se interpretato in modo conforme alla sua formulazione letterale, non potrebbe dunque ormai più entrare in vigore. A questo si deve aggiungere che due protocolli accessori al trattato (di cui uno fondamentale è quello relativo alle immunità e ai privilegi della Corte e dei Giudici) richiedono a loro volta espressamente la ratifica del Regno Unito (qui indicato per nome dello stato e non solo indirettamente in quanto terzo stato per numero di brevetti depositati). Dunque anche in relazione ai protocolli, che sono essenziali perché il sistema funzioni, si pone lo stesso problema di entrata in vigore. Parte della dottrina ha tentato di sostenere che il trattato UPCA possa entrare in vigore senza ratifica del Regno Unito. Al di là della fondatezza dei diversi argomenti invocati per “salvare” il trattato resta comunque il fatto che la questione circa la legittimità dell’entrata in vigore del sistema, in assenza di una ratifica del Regno Unito, è allo stato assai controversa e, dunque, implica il rischio di dare luogo ad una serie di contestazioni dinanzi ai Giudici nazionali degli stati aderenti in epoca successiva all’entrata in vigore “apparente” del trattato. In particolare, il rischio da temere in concreto è che, non appena si dichiarerà ufficialmente che il trattato è entrato in vigore vengano iniziate una serie di cause brevettuali dinanzi ai Giudici nazionali dei diversi stati aderenti, sostenendo che questi ultimi sarebbero in realtà ancora competenti a conoscere dei brevetti europei, appunto in quanto il trattato non sarebbe mai entrato legittimamente in vigore per violazione dell’art. 89 UPCA per la mancata ratifica del Regno Unito. Nascerebbero molteplici contenziosi in diversi paesi aderenti al trattato che, ove avessero esito positivo anche solo in pochi stati, porterebbero a un grave indebolimento del sistema annientando le motivazioni che hanno portato alla nascita dell’UPC, ossia garantire l’uniformità della giurisdizione della nuova Corte comune e la sua stessa ragion d’essere.