

In Italia quando un ragazzo ha meno di 14 anni non può aprire un account su un social network, e non può neanche pubblicare fotografie sue, salvo il consenso dei genitori. Il regolamento Ue 679/2016 (Gdpr), attuato in Italia con il Decreto Legislativo 101/2018, fissa a 14 anni la soglia minima per iscriversi a un social network senza il consenso dei genitori, i quali devono attivare il profilo a loro nome, firmare le varie liberatorie e l’informativa sulla privacy, per decidere se e quando consentire al figlio minorenne di usufruire della piattaforma. Dopo i 14 anni, la legge autorizza i minorenni a gestire un account social come vogliono e senza che i genitori lo possano impedire. Il genitore può pubblicare sul suo profilo, le foto del figlio senza il consenso del diretto interessato o dell’altro genitore. La questione si pone in modo più marcato per le coppie separate o che hanno divorziato, dove i contrasti, più o meno futili, sono all’ordine del giorno. Il ragazzo anche se minorenne, potrebbe negare il consenso alla pubblicazione su Facebook o su Instagram di immagini che lo ritraggano. Se i genitori sono in contrasto sull’opportunità di fare vedere l’immagine su Facebook e su Instagram, a decidere sarà il ragazzo, anche se dovesse essere minorenne. Lo ha stabilito di recente il tribunale di Chieti con la sentenza 21/07/2020 n. 403/2020, che ha affidato a un 17enne la facoltà di negare il consenso ai suoi genitori per pubblicare delle sue fotografie on line. Nel caso di specie, nella causa di divorzio, gli ex coniugi si contestano reciprocamente l’inopportuna pubblicazione, sui rispettivi profili social, di alcune foto in cui è presente il figlio di 17 anni. I genitori ritengono che le immagini postate siano lesive per il minore e dunque entrambi chiedono al giudice di ordinarne la rimozione. Innanzi al conflitto della coppia relativo alla pubblicazione delle fotografie del minorenne, il Tribunale decide di risolvere la questione prescrivendo ad entrambi i genitori di astenersi da dette pubblicazioni “in assenza di consenso esplicito dell’interessato”. In pratica, il giudice decide di affidare la scelta direttamente al ragazzo, proprio in relazione all’età dello stesso che consente di dare risalto alla sua volontà per quanto riguarda l’autorizzazione di “postare” le sue fotografie su internet. Capita spesso, soprattutto nelle vicende che coinvolgono le relazioni dei genitori, che i giudici decidano di dare rilevanza alla volontà espressa dai figli e stabiliscano l’ascolto dei minori nelle vicende che li riguardino direttamente. In diverse decisioni, infatti, si dà peso all’età, ad esempio al raggiungimento dei 16 anni o anche dei 14 anni. Il discorso della giurisprudenza di legittimità si è sovente indirizzato nei confronti dei c.d. grandi minori, ovvero quelli prossimi alla maggiore età. La decisione del Tribunale di Chieti, che coinvolge un 17enne, appare in linea anche con quanto stabilito dal d.lgs. n. 101/2018, provvedimento di recepimento in Italia del regolamento Ue 679/2016 (Gdpr), che fissa a 14 anni la soglia minima per iscriversi a un social network senza il consenso dei genitori”.
L’articolo 316 del codice civile recita: “In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei”. Il giudice, una volta sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio minore che ha compiuto i 12 anni e anche di età inferiore se capace di discernimento, pronuncia le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità della famiglia. Se il contrasto resta, il giudice attribuisce il potere decisionale al genitore che, nel singolo caso, ritiene possa essere il più idoneo a curare l’interesse del figlio. Nell’obbligo, che la legge prevede, di sentire il minore prima di prendere una decisione, il tribunale può dare massimo rilievo alla volontà del figlio, che è il diretto interessato. Il problema si pone maggiormente nel caso di genitori separati. Ci sono diverse pronunce dei tribunali che condannano un genitore separato per avere pubblicato sui social network delle foto del figlio senza chiedere il consenso dell’altro genitore. L’accordo deve essere sempre congiunto e, in assenza di intesa, l’ultima parola spetta al giudice, che ordinerà che l’immagine venga cancellata in tutela della privacy del minorenne. Il tribunale di Roma con un’ordinanza del 23 dicembre 2017, ha stabilito che il genitore che continua a pubblicare sui social network immagini e notizie relative alla vita privata del figlio, violando un precedente divieto dell’autorità giudiziaria, deve rimuovere le immagini e le notizie pubblicate e non farlo più in futuro. Se si dovesse verificare un’inottemperanza, il giudice applicherà alla madre una sanzione di diecimila euro da versare al figlio, attraverso il tutore e al marito. Secondo la sentenza 28/02/2018 n. 397 del tribunale di Siracusa, il padre non può pubblicare senza l’autorizzazione della madre le foto dei figli minori sui social network e deve rimuovere quelle che esistono. Devono essere condivise le considerazioni della madre sul diritto alla privacy del minore e sui pericoli che si verifichi una gestione delle foto da parte di terzi. Sono aspetti relativi all’educazione dei figli e si rende necessario un comune accordo da parte dei genitori.
Da anni la Polizia di Stato cerca di sensibilizzare i genitori sull’argomento, avvertendo dei pericoli connessi alla pedopornografia on-line. Si consideri che oltre la metà delle fotografie contenute nei siti pedopornografici proviene dai social. Le immagini condivise innocentemente dagli utenti vengono trasformate in materiale pedopornografico e messe in circolazione attraverso spazi virtuali clandestini. La pubblicazione dell’immagine dei propri figli sui social non è vietata in assoluto, ma la giurisprudenza italiana è intervenuta a più riprese affermando un principio granitico: la diffusione dell’immagine di una persona è illecita se manca il consenso dell’interessato. Tale principio si ricava da molteplici norme dell’ordinamento che tutelano il diritto all’immagine come diritto della personalità, protetto dal dettato costituzionale (art. 2), dalla legge in materia di diritto d’autore (art. 96) e dal codice civile, oltre che dalla vigente normativa in materia di privacy (art. 4, Reg. UE 679/2016). Corollario di tale principio è la necessità del consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale sul minore per la diffusione delle immagini che lo ritraggono, oppure del minore stesso se capace di discernimento. Riguardo a tale ultimo aspetto va ricordato che l’ordinamento riconosce ampi margini di autodeterminazione ai minori che abbiano raggiunto i 16 anni e, in alcuni casi, anche i 14 (età sufficiente per il c.d. Consenso Digitale, relativo i servizi delle società dell’informazione). Nulla quaestio, dunque, qualora il minore manifesti un’opposizione chiara e consapevole alla diffusione della propria immagine. In tali casi la diffusione sarà illegittima anche se effettuata dal genitore. Nel caso di minori incapaci di discernimento, la diffusione sarà illegittima non solo quando manchi il consenso dei genitori, ma anche quando uno soltanto di loro si opponga alla pubblicazione. Tale conclusione è stata da ultimo ribadita da due pronunce dei giudici di merito. Nel primo caso il Tribunale di Mantova, con sentenza del 19/09/2017, ha censurato la condotta di una madre che pubblicava sui social le fotografie del figlio minore nonostante la ferrea opposizione del padre. Il Giudice, ricordando i pericoli già menzionati, ha considerato che il pregiudizio per il minore sia insito nella stessa diffusione della sua immagine on-line, ordinandone l’immediata rimozione e l’astensione da ulteriori pubblicazioni. Alla stessa conclusione è giunto recentemente il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 4379/2020. Il caso riguardava sempre la pubblicazione dell’immagine di un minore da parte della madre senza consenso del padre e, anche in questa occasione, ne è stata disposta la rimozione con inibitoria. In questo caso però il Giudice ha affermato che la pubblicazione, ex se, non è sempre e comunque pregiudizievole per il minore “ben potendo mostrarsi pubblicamente un piccolo in situazioni tranquille, positive per il bambino, addirittura festose. In questi casi la pubblicazione dell’immagine è perfettamente lecita, non c’è alcun pericolo per lo sviluppo del minore e nessuna ragione per rinunciare a far vedere una bella immagine.” C’è da considerare, però, che, pur in presenza del consenso, la diffusione di immagini che ritraggono il minore potrebbe comunque pregiudicarne il sereno sviluppo se si traduce nella spettacolarizzazione della sua esistenza. E questo non solo per il rischio, assolutamente concreto, dell’utilizzo delle immagini del figlio per finalità delittuose, ma soprattutto per la tutela del diritto costituzionale del minore a costruirsi un’identità personale in piena libertà e a prescindere dalle altrui interferenze, incluse quelle genitoriali. Quando si esibiscono costantemente sui social le abitudini, le reazioni, il carattere, le espressioni e le preferenze del bambino, si offre ad una platea sconfinata di soggetti una rappresentazione della personalità del figlio scolpita dagli scatti fotografici del genitore, personalità che potrebbe non corrispondere alla percezione di sé che il minore maturerà durante la crescita ed il diritto del figlio a costruirsi un’identità dovrebbe essere interesse prevalente di qualunque genitore.