

Ai sensi dell’art. 58 del Regolamento sul marchio dell’Unione Europea (Regolamento UE 2017/1001, il cosiddetto “RMUE”), il titolare di un marchio perde i suoi diritti nel caso in cui il suo marchio, per un periodo ininterrotto di cinque anni, non ha formato oggetto di uso effettivo nell’Unione per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e non vi sono ragioni legittime per la mancata utilizzazione.
Gli unici motivi considerati legittimi che possano giustificare il mancato uso del mio marchio sono i motivi non dipendenti dalla volontà del titolare, ciò avviene ad esempio nel caso di guerre, disastri naturali o di mancata concessione di un’autorizzazione amministrativa.
Si tratta di un caso di decadenza, che produce effetti a partire dalla data della domanda (da non confondersi con la nullità, che rimuove la registrazione del marchio con effetto retroattivo).
Perché vi sia decadenza per non uso, è necessario che un soggetto faccia domanda all’EUIPO, instaurando il giudizio di fronte alla divisione di Annullamento.
L’onere della prova ricade, tuttavia, sul titolare del MUE, che dovrà fornire elementi sufficienti per dimostrare di aver effettivamente usato il marchio nel periodo di riferimento; non si può esigere dal richiedente di provare un fatto negativo (il non uso).
Nella sentenza Minimax (C-40/01) la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha chiarito che l’uso effettivo consiste in uno sfruttamento reale del marchio che sia conforme alla sua funzione essenziale, vale a dire distinguere il prodotto contrassegnato dal marchio da quello di altre imprese, garantendo al consumatore finale l’identità di origine del bene.
Provare l’uso effettivo di un marchio non è cosa semplice. Potrebbero essere considerate prove valide le fatture di vendita unitamente a cataloghi e materiale promozionale datati per dimostrare l’effettiva commercializzazione dei prodotti/servizi. Occorre considerare che, in caso le fatture non riportino il marchio ma un codice articolo, è necessario produrre altresì cataloghi datati che riconducano il codice al prodotto e relativo marchio: talvolta questo requisito ha messo in seria difficoltà aziende che, pur usando il marchio, si trovano nella paradossale situazione di non riuscire a dimostrarlo.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (CGUE) ha chiarito le caratteristiche dell’uso effettivo, specificando che deve trattarsi di uso reale e concreto, con esclusione di ipotesi di uso meramente simbolico, sporadico o episodico.
Perché l’uso sia effettivo, il marchio deve essere utilizzato sul mercato dei prodotti o dei servizi protetti dallo stesso e non solamente in seno all’impresa interessata o comunque su prodotti non destinati in via autonoma all’esterno. Una recentissima pronuncia della Corte ha escluso che sia effettivo l’utilizzo di un marchio per prodotti farmaceutici nel contesto di una sperimentazione clinica, che costituisce un’indagine sui rischi dell’uso di un medicinale e non rappresenta uno sfruttamento commerciale di un marchio registrato (CGUE, del 3/7/2019, in C-668/17).
L’uso effettivo deve concernere prodotti o servizi già in commercio o la cui commercializzazione, preparata dall’impresa per guadagnarsi una clientela è imminente (CGUE del 11/03/2003, C-40/01).
L’uso del marchio su gadget promozionali offerti congiuntamente al prodotto principale non costituisce uso effettivo, poiché la distribuzione dei gadget non ha l’intento di farli inserire nel mercato (CGUE, del 15.1.09, C-495/07).
In assenza di parametri di uso minimo sufficiente definiti dalla Corte, la giurisprudenza italiana ha interpretato, nei singoli casi, il concetto di uso effettivo tendenzialmente a favore della conservazione dei diritti di marchio.
La Corte ha sottolineato come la tutela del marchio verrebbe meno “ove il marchio perdesse la sua funzione commerciale, consistente nel trovare o mantenere uno sbocco per le merci ed i servizi cui è apposto rispetto alle merci o ai servizi di altre imprese” (C-40/10, punto 37).
Questo è quanto ha statuito l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) pronunciandosi in merito all’azione di decadenza per non uso promossa da una società nei confronti del noto marchio del colosso americano.
McDonald’s ha inutilmente tentato di dimostrare l’uso serio ed effettivo di “Big Mac” in tutto il territorio dell’Unione. Infatti, si legge nella decisione, talune prove quali ad esempio gli estratti dei siti web non sarebbero stati ritenuti sufficienti a dimostrare un siffatto uso. Sarebbe mancata la prova del traffico che tali siti hanno generato in termini di visite da parte degli utenti al fine di comprendere e valutare il concreto utilizzo del marchio.
Il noto fast food McDonald non è riuscito a provare l’uso del marchio Big Mac (EUIPO, del 11/01/2019, 14788 C).
McDonald aveva sostanzialmente prodotto affidavit sui dati di vendita firmati da rappresentanti interni, screenshot di pagine web, brochure, poster pubblicitari, menù, materiali di packaging, estratto di wikipedia.
Tali prove non sono state ritenute sufficienti, in parte perchè, come nel caso degli affidavit, benchè ammessi, hanno valore probatorio limitato se non provenienti da fonti terze e imparziali e, in ogni caso, se non supportati da altro materiale probatorio efficace; in parte perchè nessuno dei suddetti documenti è stato ritenuto idoneo a provare una qualunque transazione commerciale avvenuta nel periodo e territorio rilevante.
La sentenza ha altresì specificato che la sola presenza del marchio su un sito internet non è sufficiente, di per sé, a provare l’uso del marchio, essendo necessario dimostrare anche una certa affluenza di pubblico nel sito (allegando, ad esempio, analisi del traffico) e la presenza di ordini di vendite on-line.
Neppure gli imballaggi e nemmeno i volantini pubblicitari presentati sono stati considerati prove utili in assenza di ulteriori elementi a dimostrazione che la loro distribuzione abbia determinato degli acquisti. Il marchio “Big Mac” è stato pertanto dichiarato decaduto per non uso ai sensi dell’art. 58 del Regolamento sul marchio dell’Unione europea.
Alla luce delle novità normative, l’accertamento della decadenza può risultare un’arma per cancellare marchi di concorrenti pertanto diventa necessario per le aziende che potrebbero subire tali azioni un servizio attento a catalogare e conservare le prove d’uso, unitamente a una costante attività di revisione dei propri marchi.